Il seminario Le pratiche della fiducia che si terrà in presenza il 30 Ottobre alla Casa Andreasi di Mantova è un itinerario esperienziale di ricerca interiore volto a guardare e riconoscere le diverse forme di fiducia e di sfiducia che ogni giorno siamo, così da contattare uno spazio ‘capace’ e aperto, intero e sempre fecondo.
La giornata sarà condotta da Carla Gianotti, tibetologa e saggista, docente di Buddhismo Indo-tibetano e di Lingua Tibetana classica, comprenderà brevi sessioni di meditazione di consapevolezza guidata e momenti di condivisione tra le persone partecipanti.
Il programma prevede:
- ore 10.00 accoglienza e registrazione
- ore 10.30 Inizio seminario
- ore 13.00 pausa pranzo libera
- ore 14.00 inizio seconda parte seminario
- ore 16.30 conclusione con The offerta dalla Fondazione Scuola di Alta Formazione Donne di Governo
Contributo richiesto: 15,00€ --- Iscrizioni
A SEGUIRE alle 17.30 presso Casa Andreasi aperta a tutta la cittadinanza:
PRESENTAZIONE LIBRO di Carla Gianotti
Custodire, Concepire. Il tempo e l’eccedenza (delle cose) Mimesis, Milano 2021
Interverrà Annarosa Buttarelli, direttrice scientifica della Scuola di Alta Formazione Donne di Governo.
Necessario il green pass.
Casa Andreasi si trova in via Pietro Frattini, 9, Mantova, per info contattare: 0376.322297 - 345.1539547
Carla Gianotti, Custodire, Concepire. Il tempo e l’eccedenza (delle cose), Mimesis, Milano 2021.
<< La fiducia è sapienza di vita, fragile e sommessa, trama delicata (e tenace) di vita tessuta e ritessuta di continuo nel nostro quotidiano, energia potente che viene da lontano, transita da una persona all’altra per genealogia invisibile (e soprattutto ininterrotta). E’ ‘sapienza femminile all’opera’, dice Delfina Lusiardi,[1] sapienza amorosa di bene possibile.
La fiducia è pratica di lavoro quotidiano che si svolge nel qui e ora, nel cerchio quotidiano del nostro giorno, perchè da sempre c'è bisogno di fiducia per iniziare il giorno e continuarlo. La pratica della fiducia è itinerario del cuore, capace di contattare uno spazio continuamente presente. Senza aggiungere formule o metodi, è consapevole della fiducia che abbiamo ricevuto, e riconosce la sfiducia che abita noi e gli altri.
La fiducia è atto affettivo verso la vita, imparato da chi ci ha preso con sé, interi, senza chiedere nulla in cambio. Ci fidiamo, perchè radicati in una certezza originaria: qualcuno ci ha voluto bene – in modo maldestro a volte – senza che glielo avessimo chiesto.[2] Abbiamo ricevuto un bene non guadagnato, un dono di bene.
Il fare fiducia mi permette di ascoltare un’altra voce, che parla a voce sommessa, talvolta senza voce, che si inscrive in uno spazio intimo: vedrai, andrà bene, andrà tutto bene, una voce che le parole soltanto non riescono a dire, perchè viene da un tempo lontano ancora senza parola, da un luogo inscritto nella memoria del corpo, dove ogni parola era più di una parola, era anche la sua invisibile eccedenza, era promessa e incantesimo, sempre vera...[3]
Fiducia è stare in colloquio con lo spazio infinito del cuore, con la nostra frammentarietà – l'esperienza di insoddisfazione e disagio, di sofferenza e dolore, di incompreso e così via – e la nostra infinita fecondità di esseri umani – l'esperienza di amore e compassione. E' il nostro tornare a casa, il nostro tornare ogni volta e sempre un po' di più a casa. Perché non ci apparteniamo interamente e neppure in parte. La nostra appartenenza è inscritta in un oltre che veniamo a contattare quando andiamo al di là della nostra limitata visione egoriferita, quando siamo nell’esperire largo di amore e compassione. L’appartenenza è l’anima della fiducia, la resa al proprio limite e alla propria infinità di esseri umani...>>.
[1]Aa.vv., Laboratorio ‘Parole che impegnano’, a cura di D. Lusiardi, Brescia 26-29 novembre 2015.
[2] S. Natoli, Il rischio di fidarsi, Il Mulino, Bologna 2016, pp. 7-11.
[3] Sulla ‘lingua materna’ e la sua prossimità con l’esperienza simbolica del sacro, si veda: E. Jankowski, La lingua invisibile, in C. Zamboni (a cura di), Il cuore sacro della lingua, Il Poligrafo, Padova 2006, pp. 31-54.