In occasione dell'8 Marzo, la Giornata Internazionale della donna, proponiamo a tutte e a tutti un estratto in antepria del libro di Ivan Jablonka "Uomini giusti", di prossima pubblicazione in Italia.
"Non è più compito delle donne mettersi in causa, tormentarsi sulle loro scelte di vita, giustificarsi a ogni pie’ sospinto, esaurirsi per conciliare lavoro, maternità, vita famigliare e tempo libero. Tocca agli uomini colmare il loro ritardo sull’evoluzione del mondo. " Si legge nelle parole di Jablonka. Auspichiamo che la giornata internazionale delle donne non sia più solo un'occasione di mobilitazione femminile, ma "tocca a loro (gli uomini) interrogarsi sulla virilità, senza aderire alla mitologia dell’eroe dei tempi moderni che merita una medaglia perché ha programmato la lavatrice!"
Uomini giusti
di Ivan Jablonka
Gli uomini hanno condotto ogni genere di battaglia, salvo quella per l’uguaglianza dei sessi. Hanno sognato ogni genere di emancipazione, salvo quella delle donne. Con poche eccezioni, si sono adattati al funzionamento patriarcale della società. Ne hanno tratto vantaggio. Oggi come ieri, i privilegi di genere sono endemici ovunque nel mondo.
Plasmato da millenni di stereotipi e istituzioni, il modello tradizionale del maschio è antiquato. Se è insieme greve e nefasto è perché è una macchina per dominare anzitutto le donne, ma anche tutti gli uomini la cui mascolinità è giudicata illegittima. Ecco la prossima utopia: inventare nuove mascolinità. Trasformare il maschile affinché diventi compatibile con i diritti delle donne e incompatibile con le gerarchie patriarcali.
Oggi abbiamo bisogno di uomini ugualitari, ostili al patriarcato, innamorati del rispetto più che del potere. Uomini sì, ma uomini giusti.
Nel 1791, Olympe de Gouges apriva la sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina con questo invito “Uomo, sei capace di essere giusto? È una donna che te lo chiede”. Più di due secoli dopo la sua morte, quando si osserva, in tutto il mondo, la composizione dei governi, le ineguaglianze salariali, la disparità nei compiti domestici, le violenze all’interno della coppia o nello spazio pubblico, ci si continua a domandare se gli uomini sono “capaci di essere giusti”. L’invenzione democratica nel XVIII secolo, la rivoluzione industriale nel XIX secolo, il socialismo e la decolonizzazione nel XX secolo non hanno cambiato nulla sotto questo aspetto: la nostra modernità resta zoppa.
[…] Nel XX secolo, la società è cambiata più velocemente degli uomini. Oggi, nei paesi occidentali, la maggior parte delle donne lavorano, fanno carriera, scelgono la loro sessualità, ma gli uomini non ne hanno tratto tutte le conseguenze. L’orizzonte delle donne si è incredibilmente ampliato; ma non quello degli uomini, che non si sono liberati dalle loro abitudini – comandare, essere serviti. Profonde trasformazioni sociali, da un lato, resistenze al cambiamento, dall’altro, si fronteggiano in ogni coppia. Punto di cristallizzazione delle ineguaglianze di genere, le tensioni legate alla condivisione dei compiti rappresentano l’esperienza individuale di trasformazioni collettive. Per questa ragione, per una messa in movimento del maschile non bastano buona volontà e sforzi personali; essa è anche una conseguenza di logiche politiche.
[…] Non è più compito delle donne mettersi in causa, tormentarsi sulle loro scelte di vita, giustificarsi a ogni pie' sospinto, esaurirsi per conciliare lavoro, maternità, vita famigliare e tempo libero. Tocca agli uomini colmare il loro ritardo sull’evoluzione del mondo. Tocca a loro interrogarsi sulla virilità, senza aderire alla mitologia dell’eroe dei tempi moderni che merita una medaglia perché ha programmato la lavatrice. Questa autoanalisi non avrebbe alcun senso, né alcuna efficacia, senza il concorso dell’intera società, in tutti gli ambiti – legislazione, fiscalità, protezione sociale, organizzazione del lavoro, cultura d’impresa, civiltà amorosa, educazione famigliare, pedagogia, insegnamento, modi di vivere insieme.
[…]La sfida per gli uomini non è di “aiutare” le donne a diventare indipendenti, ma di cambiare la virilità così da non assoggettarle più. […]Il dominio subito dalle donne non è una maledizione biologica, ma un’istituzione culturale. Di conseguenza, tutti sono abilitati a combatterla: il femminismo è una scelta politica.
Il modello paritario (la donna “uguale all'uomo”), che ha ispirato il femminismo a partire dalla fine del XVIII secolo, lasciava quasi intatte le prerogative del maschile, poiché le donne dovevano reclamare e ottenere diritti che gli uomini possedevano già. Questa relazione va ribaltata. La dinamica dei generi esige l’adozione di un modello in cui gli uomini dovrebbe ridefinirsi in rapporto ai diritti delle donne. Dal momento che hanno conquistato la libertà e l’uguaglianza, le donne incarnano la norma di una società democratica: spetta agli uomini adattarsi a questo stato di diritto e di fatto.
[estratto da Ivan Jablonka, Des hommes justes. Du patriarcat aux nouvelles masculinités, Seuil, di prossima pubblicazione in Italia da Moretti & Vitali]