La nostra pinacoteca. Disegnare la propria vita - Nori de Nobili

La nostra pinacoteca. Disegnare la propria vita - Nori de Nobili

Ecco un nuovo appuntamento con la rubrica di approfondimenti sull'arte La nostra pinacoteca a cura di Francesca Mellone che vuole rivelare il contributo di alcune artiste nella storia dell'arte e dell'immaginario estetico.

Disegnare la propria vita
Nori de Nobili (Pesaro 1902 - Modena 1968)

 

"Non è più dentro di me l'anima, ma in settecento pagine è passata.
Ormai nel libro essa è tutta inserrata.
Io non sono più io. È il libro Nori. Io non sono più Nori". (Diario)

Comportamenti insoliti, in bilico su profondità oscure, sostentano una certa idea legata alla figura dell'artista. Nel 1930 le cose stavano altrimenti, soprattutto per le donne: Eleonora de' Nobili è stata vittima di pregiudizi e ostacoli che l'hanno portata in quel luogo di orrenda segregazione che è il manicomio.

Primogenita di quattro figli, Nori nasce a Pesaro nel 1902 da una famiglia aristocratica e trascorre la fanciullezza, nella settecentesca villa avita "Cento Finestre". Ama gli studi e ama soprattutto il disegno, spronata dal suo insegnante, il pittore Giusto Cespi, che, per primo, ne intuisce l'inclinazione. Si trasferisce, con la famiglia, prima a Roma e poi a Firenze. La vita fiorentina le apre un diverso orizzonte, ricco di presenze e fermenti in campo letterario e artistico. Sotto la guida di Ludovico Tommasi, riesce a stabilire un proficuo contatto con le nuove tendenze, che, oltre la stagione avanguardistica del Primo Novecento, si muovono nel novero di una tradizione secolare, in primis toscana, tesa a sancire il primato del disegno sul colore. Assidua de Il Caffè delle Giubbe Rosse, Nori si avvicina al gruppo fondato da Ottone Rosai e Mino Maccari, oscillante tra il localismo di Strapaese e una modernità, intesa come ritorno alla purezza e armonia classiche, senza tuttavia ricusare un approccio personale, meglio evidente nella ritrattistica dove, pur fedele a un canone, accentua il contrasto tra i cangianti e mobili rintocchi della luce e la fissità delle figure. Nel primo degli autoritratti, per esempio, i raggi del sole si riflettono sul volto in maniera disomogenea, creando estese macchie somiglianti a un'alterazione cutanea.

1 sd

Inconsueta anche la postura che caratterizza il secondo autoritratto, nel quale parte superiore e inferiore del corpo sembrano irrelate.

2 s.d

In casa, Nori è vittima di atteggiamenti ostili, soprattutto da parte della madre e della sorella minore, così prevaricanti e offensivi da farle tentare il suicidio. L'instabilità mentale si aggrava dopo la morte del prediletto fratello Alberto, unico confidente sincero e amico.

Con il consenso dei familiari, la soluzione adottata dal Servizio Sanitario è drastica: ricovero presso l'Ospedale Psichiatrico di Modena. In 33 anni di isolamento, l'artista esegue, con ritmo febbrile, un migliaio di dipinti, ricorrendo a qualsivoglia supporto: cartoni, copertine di libri, lastre mediche, pezzi di stoffa, ritagli di carta. Sovente negli autoritratti, i lineamenti del viso si replicano in maschere cieche che si affacciano dal retro.

3 1943

In un Olio del 1960, assistiamo a una scena perturbante: una bambola, dotata di grandi occhi azzurri, compare priva del cuoio capelluto, mentre un secondo pupazzo, con le pupille dilatate dal pianto la osserva triste: una folla di sosia, rispetto alla quale è persino arduo conferire una primogenitura.

4 1961

Nori tiene altresì un diario in versi, senza date o riferimenti: un flusso inarrestabile di pensieri e parole che abitano la sua esistenza smarrita e attonita. Proprio, tale perpetuo smarrimento testimonia, già nel 1943, Autoritratto al pianoforte, nel quale una Nori in abito rosso, scapigliata e stupefatta, ferma la musica e rivolge uno sguardo impotente a qualcuna/o che irrompe nella stanza.

5 1960

Sola, fragile, separata dal mondo e scissa nell'anima, l'artista relega la sua esistenza entro i margini della tela: la cornice ne è il confine invalicabile, come invalicabili sono le mura della sua prigione. Si spegne, a causa di un tumore, il 12 giugno 1968.




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