La nostra pinacoteca. La Luce di Jo - Josephine  Hopper
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La nostra pinacoteca. La Luce di Jo - Josephine Hopper

Ecco un nuovo appuntamento con la rubrica di approfondimenti sull'arte La nostra pinacoteca a cura di Francesca Mellone che vuole rivelare il contributo di alcune artiste nella storia dell'arte e dell'immaginario estetico.

La luce di Jo

Josephine Verstille Nivison sposata Hopper
(1883-1968)

Cerco di inventare qualcosa per rendere la nostra vita più allegra, più ricca.
Non che io abbia bisogno di uscire per forza,
ma mi piace guardare le persone o discutere delle cose,
lui invece è come un cencio senza consapevolezza del passare delle ore,
dei giorni, delle settimane, della vita.

Dal Diario

Josephine Verstille Nivison Jo Hopper Autoritratto nasce a Manhattan nel 1883, da una famiglia di musicisti. Vive un’infanzia esuberante e caotica, studiando per diventare maestra. Dopo il diploma, tuttavia, decide di iscriversi alla New York School of Art, determinata a diventare una pittrice.

Nel 1914 espone per la prima volta in una collettiva, che vede la partecipazione di Man Ray, William Zorach, Stuart Davis e altri, con successo, tanto che nel 1922 le sue opere sono ospitate dalla New Gallery accanto a quelle di Modigliani, Picasso e Magritte. Proprio nel momento in cui assapora il successo, nell’estate del 1923, conosce Edward Hopper. Entrambi quarantenni, tra i due nasce una collaborazione che li vede lavorare a lungo fianco a fianco. A quel tempo Edward Hopper era da oltre un decennio assente dalla scena artistica, ragion per cui, su consiglio di Josephine, abbandona la pittura a olio, poi ripresa una volta raggiunta la fama, per cimentarsi con gli acquerelli, una tecnica che la pittrice conosce, pratica e nella quale eccelle. Ricevuto l’invito a partecipare a una mostra dal Brooklyn Museum, Josephine suggerisce agli organizzatori di invitare anche Edward e il museo decide di acquistare un’opera del pittore. Comincia così un’inarrestabile ascesa. Nell’estate del 1924, Edward e Josephine si sposano.

Jo, come la chiama Edward, ama la folla, lo spazio evoluto della città, il brusio della vita associata, Edward preferisce la solitudine. Lei, così emancipata e libera, deve assai presto dare un addio alla carriera artistica, rimpiangendo tutta la vita di aver abbandonato pennelli e colori, per diventare la musa, e la principale sostenitrice, del pittore: la donna sempre presente nei quadri di Edward è Jo, con la sua fisiognomica riconoscibile nel mento acuto e sporgente.

2 Jo Hopper Fiori del tempo passato 1948Non ebbero figli, perché “sarebbe stato orribile se ne avessimo avuti”, scrive Josephine che riversa le sue attenzioni sul suo gatto Arthur del quale tuttavia Edward è geloso, al punto da costringerla a tenere l’animale in un ambiente a parte. La loro comune esistenza è scandita da liti furiose tra le mura di casa, per strada, davanti ai passanti. È l’inizio di un congegno perverso e inarrestabile; da quel momento lui non perde occasione per sminuire il lavoro di Jo, di ostacolarla impedendole addirittura di prendere lezioni di guida o di nuotare e costringendola a performance sessuali a lei sgradite. Mentre il suo successo cresce in maniera esponenziale, Jo perde brio, sicurezza,visibilità, commettendo, in aggiunta, l’errore di firmarsi col cognome del marito. Se qualcuno mostra interesse verso il suo lavoro, Edward interviene, si prende la scena, svia l’attenzione, arriva persino a malmenarla. Dopo venticinque anni di matrimonio Jo scrive in un biglietto indirizzato Edward: “Meritiamo la Croix de guerre, una medaglia per esserci distinti nella battaglia”. Un matrimonio d’incubo che si conclude con la morte del pittore nel 1968, morte cui lei sopravvive solo dieci mesi.

Poco è venuto, sinora, alla luce di questa artista che sin dalle prime vignette sulle riviste socialiste, al teatro d'avanguardia e femminista, alle prime testimonianze pittoriche di impronta neoimpressionista, si dimostra versatile e generosa, carica di quella fantastica affettuosità coloristica che riserva ad alberi, fiori, frutta, case e paesaggi.

3-_Jo_Hopper_Cesta_di_frutta.jpgJo Hopper, Cesta di frutta

4_-_Jo_Hopper_Paessaggio.jpgJo Hopper, Paessaggio

Jo Hopper Cancelli Ferroviari 1928Jo Hopper, Cancelli Ferroviari 1928

 

Proprio i paesaggi, sono spesso gli stessi scelti da Edward, ma se è lecito il gioco dei confronti, in Jo c’è sempre una traccia affettiva, una lontananza percorribile, una evocazione della vita associata. Se poco rimane delle sue opere, inestimabili sono i Diari. Qualcosa di enorme che circonda un vuoto da colmare: oltre l’estetica, oltre l’analisi formale, oltre la competenza critica, oltre lo stile.

Hopper è un UOMONERO, collerico, malato, persino sadico, che nei dipinti anela alla luce; Jo, una lampada incandescente che illumina un’assenza.

6 Jo Hopper Casa RosaJo Hopper, Casa Rosa




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