di Nadia Lucchesi, 25 Aprile 2025
A parlar bene di Papa Francesco non si sbaglia: chi ne parla male, per lo più, sogna una Chiesa “indietrista”, che si fa setta, che non sa rapportarsi con le sfide del presente e dimentica che la tradizione “è sempre aperta, come le radici dell’albero, e l’albero cresce”.
Parlando bene di Papa Francesco si confermano le sue scelte coraggiose: la sua costante fede nella pace, perché “la speranza non delude” anche quando tutto parla di guerra; il suo riconoscimento del valore del dialogo nel contesto globale segnato da "intolleranza e odio"; la sua attenzione per le "periferie esistenziali"; la sua preoccupazione per i migranti, per la tragedia delle morti in mare; il suo amore per la povertà, accolta come sorella; la sua visione del Creato, che va custodito e rispettato.
Sono tantissime le lodi che si possono tessere a favore dei suoi gesti e delle sue parole, ma io ho sempre tenuto ben presente un dato incontrovertibile: l’autorità di un Pontefice si fonda su un sapere di origine maschile, il cui retaggio culturale ostacola la comprensione profonda delle risorse di una visione del mondo e dell’universo, che derivano da una millenaria storia sapienziale a radice femminile.
Non poche donne credenti, secondo me a ragione, lo hanno criticato per non aver saputo andare oltre la teologia della complementarietà tra i sessi, negando la giustizia che esse meritano dalla Chiesa, un’istituzione che servono, per la quale si sacrificano e che molto spesso sostengono da sole. La sofferenza di molte è ignorata dalla gerarchia ecclesiastica e il femminismo, anche da Francesco stesso, viene considerato una minaccia.
Ma cosa conosceva il Papa del femminismo radicale, quello che non rivendica riconoscimenti da parte maschile, che non si contrappone ma si disseta alle sorgenti della Sapienza, che perfino nella Bibbia è presentata come una donna?
Credo ne sapesse poco, altrimenti ne avrebbe riconosciuta l’importanza e l’avrebbe accolto con gratitudine. Perché non si può dubitare che Egli avesse un cuore misericordioso, e la misericordia viene da sempre associata all’anima femminile: la comunità delle e dei fedeli la riconosce a Maria, con la splendida preghiera Salve Regina!
Non penso sia per caso che Papa Francesco abbia aperto il giubileo straordinario del 2015 proprio l’8 di dicembre, festa dell’Immacolata: il fatto che sia Maria, la figlia di Anna, ad esserne madrina, assume un significato simbolico altissimo. Vuol dire che finalmente viene riconosciuto il debito straordinario che ogni creatura ha con la cura e l’amore femminili che rendono possibile, conservano, proteggono la vita. Scrivere la storia senza fondarla sul sacrificio, sul martirio, sulla necessità di inutili vittime: credo che anche il Papa desiderasse questa rivoluzione pacifica, per aprire davvero i cuori e le menti ad una buona novella.
La Basilica di Santa Maria Maggiore, fuori delle mura vaticane, accoglierà le sue spoglie mortali, come lui stesso ha indicato con una scelta insolita, come lo è stata quella di vivere fuori del palazzo apostolico, nella Domus Santa Marta: una distanza e una rilevante discontinuità simbolica, che confermano l’originalità di questo Papa.
Francesco ha voluto inserire tre nuove invocazioni nelle Litanie Lauretane a Maria: “Mater Misericordiae”, “Mater Spei”, della Speranza, “Solacium migrantium”, conforto dei migranti. E dunque questo giubileo del 2025 è coerentemente dedicato alla Speranza, cioè di nuovo a Maria.
Anche nell’ultimo messaggio “urbi et orbi”, poche ore prima di morire, il Papa ha esortato a sperare, ad avere fiducia nel prossimo, anche il più lontano da noi, mentre nella sua nuova enciclica Dilexit nos del 24 ottobre 2024, ha sottolineato la necessità di ritornare al cuore, che unisce i frammenti della vita vissuta, realizzando l’armonia di tutta la persona, come mostra l’esempio della Vergine Maria, che custodisce e medita nel suo cuore quanto di assolutamente unico le accade.
Negli ultimi scritti, nelle ultime parole di Papa Francesco si avverte l’urgenza di un mutamento di rotta, di una trasformazione profonda, che esalti la vita e condanni la violenza, la sopraffazione e la tracotanza di chi non sa riconoscere i propri limiti: sono gli stessi desideri che sostengono da sempre le donne nel loro lavoro millenario di civiltà, nell’ascolto dell’altra e dell’altro, nell’attenzione ai bisogni dei corpi, delle menti, delle anime di ogni creatura.
Francesco aveva un genio particolare nell’incontrare le sensibilità altrui e una predisposizione all’ironia, al sorriso: il 28 aprile dello scorso anno, mentre usciva dal carcere femminile della Giudecca, a Venezia dove io sono cresciuta, ha accolto con incredibile disponibilità la proposta di alcuni bambini, tra cui mio nipote di dieci anni, di “acquistare” un piccolo librino da loro ideato e prodotto. Il titolo, scritto in maiuscole a pennarello, era “Il libro dei vostri sogni”, le pagine bianche, tenute insieme da graffette di metallo. Il Papa lo ha comprato e, dopo aver consegnato i 5 euro richiesti, ha stretto le mani di quegli audaci e inconsapevoli venditori, mostrando la propria divertita ammirazione per il loro coraggio. Li ha salutati offrendo in dono alcuni rosari, con la croce di “oro vero”, come mi ha raccontato fiero Jean. Lui non dimenticherà mai più quest’uomo che lo ha accolto come avrebbe fatto una madre, paziente e premurosa e gioiosa.
Non dimenticherò nemmeno io le sue tante virtù, la ripetuta insistenza sul valore della gioia, che compare nelle sue encicliche, e mi auguro che chi verrà dopo di lui sia capace di realizzarne gli auspici e di portare a compimento l’opera di apertura della Chiesa verso un nuovo modo di vivere e un riconoscimento della dimensione divina che abita in ogni creatura dell’universo.
Nadia Lucchesi 25 aprile 2025