Il ministro della Salute, Roberto Speranza, è intervenuto il 1 Aprile alla presentazione on line del libro “La sanità che vogliamo. Le cure orientate dalle donne”, organizzato dall'ANAAO- Assomed ed ha dichiarato: “Dobbiamo disegnare uno nuovo Ssn che deve avere e valorizzare il punto di vista delle donne, su questo dobbiamo ragionare e discutere. Quindi tutti gli spunti ed anche le critiche che arrivano non possono che aiutarci, perché la chiave di genere può essere una delle chiavi essenziali per determinare la riforma del servizio sanitario nazionale”.
L'incontro è stato un'importante occasione di confronto con il Ministro che ha anche aggiunto:
“In questa sanità nuova che dobbiamo costruire, il vero obiettivo della nostra agenda dei prossimi mesi, c’è chiaramente un ruolo e la funzione delle donne – ha detto – è chiaro che il servizio sanitario nazionale ha già dentro di sé un elemento di genere molto marcato, ormai la quantità di donne impegnata nel Ssn è la maggioranza assoluta. Per questo prima di tutto a loro dobbiamo dire grazie per l’impegno quotidiano svolto. Penso che dobbiamo avere la capacità di leggere questa dimensione e valorizzarla il più possibile in termini di professionalità e di medicina di genere. In termini di capacità di raccogliere tutte le esigenze che vengono da queste dinamiche. È una sfida che si accompagna alla gestione della emergenza Covid, per noi oggi una questione fondamentale: dobbiamo disegnare uno nuovo Ssn che deve avere e valorizzare il punto di vista delle donne. E sto immaginando anche scelte più strategiche in quest’ottica per riformare il nostro ministero della salute”.
“La sanità che vogliamo. Le cure orientate dalle donne” è il risultato di una collaborazione tra le mediche e dirigenti sanitarie dell’Anaao Assomed, un'occasione per discutere le priorità declinate al femminile per suggerire cambiamenti strutturali in sanità, in un'ottica di genere, un progetto inviato al Next Generation EU.
Il Ministro ha anche aggiunto l'importanza di un lavoro di rete: “Questi mesi ci hanno insegnato che nessuno può andare avanti da solo, dobbiamo avere l’umiltà di conoscere i limiti di ciascuno. E un passaggio così ambizioso si può giocare solo nella capacità di fare rete, questo significa tenere insieme, Associazioni, sindacati, imprese, enti di ricerca, Università. È chiaro che le istituzioni sono quelle che hanno la responsabilità e guai a sottrarsi, ma si governa meglio se lo si fa nel confronto, nella capacità di ascolto individuando tutte le soluzioni possibili”.
La forza di questo progetto risiede non solo nella estraneità alle liturgie del potere e nel rivolgersi a tutte le lavoratrici in Sanità, ma anche nella necessaria contaminazione tra discipline attualmente carenti nella formazione, per il bisogno di “umani protocolli” di fronte alla malattia, alla nascita e soprattutto alla morte.
Dopo la prima fase di lockdown, come professioniste in Medicina abbiamo discusso le nostre esperienze, analizzato le criticità dei presìdi e delle organizzazioni nelle singole realtà, alzato infine lo sguardo sulla necessità di cambiare il modello di governo della salute nella sua interezza, e non a compartimenti stagni. Per questo abbiamo lavorato a livello interdisciplinare con professioniste che si occupano di trasformare altri contesti: architette, psicologhe, economiste, filosofe, giornaliste.