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La dipendenza economica e quella sentenza che dà la “scossa” a un femminismo un po’ appannato

di Annarosa Buttarelli, pubblicato su Specchio de La Stampa domenica 6 Aprile 2025

Si è sempre detto che la legge segue i cambiamenti avvenuti nella società, che li registra e li rende evidenti agli occhi di tutti. Nel disorientamento generale, abbiamo ancora questo senso comune? A me sembra, riflettendoci, che in questa transizione storica la legge si sia agganciata piuttosto al mainstream, ovvero alla morale imposta pubblicamente. Oppure, solleciti in modo sorprendente quel cambiamento della mentalità che un tempo doveva fare da traino.

È il caso della Sentenza n. 1430 della Corte Suprema di Cassazione, con Presidente Gaetano De Amicis e Relatrice l’instancabile e coraggiosa magistrata Paola Di Nicola Travaglini. Anche il resto della corte era composto da magistrate. In breve, questa Sentenza fa entrare nell’ordinamento il reato grave di “Violenza economica” all’interno della famiglia, considerando che “La violenza nelle relazioni strette è quella commessa da una persona che è l’attuale o l’ex coniuge o partner della vittima, o altro membro della sua famiglia, a prescindere dal fatto che l’autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima. Questo tipo di violenza potrebbe includere la violenza economica e provocare un danno fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche… Le donne sono colpite in modo sproporzionato da questo tipo di violenza e la loro situazione può essere peggiore in caso di dipendenza dall’autore del reato sotto il profilo economico, sociale o del diritto di soggiorno”.

È un caso abbastanza raro in cui un magistrato e quattro magistrate fanno giurisprudenza onorando la condizione umana femminile. E, dal mio punto di vista, danno una scossa alle femministe contemporanee un po’ appannate nella creatività politica, anzi a volte attratte dai privilegi presentati dall’acquiescenza o al debilitante e piuttosto escludente ricordo dei fasti del passato, o addirittura dalla collaborazione con gli adoratori delle armi.

Quando le grandi trasformazioni si mettono in movimento su scala planetaria, non è corretto ripetere cocciutamente quanto le donne del femminismo storico sono state fantastiche fino a un paio di decenni fa. Oggi ci sono donne di ogni generazione che sono fantastiche altrettanto e stanno inventando il femminismo che sta cercando di accompagnare la transizione positivamente, ma sembra rimangano fuori radar delle mie generazioni. Escono romanzi e libri di saggistica che insegnano anche a noi, quelle delle origini. Il cinema delle numerose registe, tutte femministe e di tutto il mondo, ma perfino dei registi più intelligenti, stanno andando ben oltre quello che qui tra noi sento ancora rievocare o indicare di un femminismo che, certo, a creato lo spazio a tutte loro, ma anche a tutte noi se vogliamo rigenerare le forze di chi l’ha “fatto”. Le magistrate, le mediche, le scienziate, le premio Nobel per la letteratura, le iraniane, le mediorientali, le africane, le coraggiose giovani neolaureate che incitano a cambiare l’orrida università italiana attuale. Le sudcoreane, le thailandesi, le giapponesi, le attrici, le modelle, le stiliste, le serie TV stanno tracciando una strada, loro hanno bisogno di noi, noi abbiamo bisogno di loro. Come mai me ne accorgo? Perché faccio parte del femminismo filosofico della differenza, perché sono lonziana.

Carla Lonzi ha scritto “Abbiamo fatto il femminismo, disfiamo il femminismo”. Rifacciamolo immaginando nuove pratiche, sì, ma per testimoniarne di efficaci occorre riprendere la capacità di immaginare e di pensare veramente, senza questo non si può fare politica per un cambio di civiltà.

 

Carla Accardi. Per gli stretti spazi, 1988, vinilico su tela. Foto di Luca Borrelli




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