Ecco un nuovo appuntamento con la rubrica di approfondimenti sull'arte "La nostra pinacoteca" a cura di Francesca Mellone che vuole rivelare il contributo di alcune artiste nella storia dell'arte e dell'immaginario estetico.
La solitudine di Hilma
Hilma af Klint (Stoccolma 1862 - Stoccolma 1944)
Il 1944, mentre il dramma della guerra scuote l’Europa, muoiono tre grandi interpreti dell’Astrattismo: Wassily Kandinsky, Piet Mondrian e Hilma af Klint.
Di Kandinsky e Mondrian si conosce tutto, della terza ancora poco. Quando la pittrice svedese scompare, all'età di 81 anni, lascia 1.200 tra dipinti e opere su carta: un corpus destinato, per testamento, a essere reso pubblico solo a 20 anni dalla morte, nella persuasione che i tempi non fossero ancora maturi per la comprensione del suo percorso d’arte, (consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato come artista donna?).
Ancora nel 2012, quando già la sua opera era conosciuta, l’esposizione Inventing Abstraction 1910 - 1925 del MoMA di New York, la ignora. Allestita in occasione del centenario relativo alla nascita dell’arte astratta, la mostra è dedicata ai maggiori interpreti di quella rivoluzionaria stagione artistica: da Kandinsky a Kupka, da Delaunay a Picabia, a Malevich e a Mondrian. Eppure, le prime realizzazioni di Hilma af Klint risalenti al 1906, anticipano di anni l’acquerello di Kandinsky del 1910, posto convenzionalmente agli albori del fenomeno.
Si rende, dunque, necessario, riavvolgere il nastro della Storia artistica novecentesca, per restituire verità a quella stessa storia, e pieno riconoscimento, nonché giusta collocazione, a una personalità capace di elaborare un lessico inedito.
Nata a Stoccolma nel 1862, da un’aristocratica e ricca famiglia, Hilma trascorre le estati dell’infanzia sull'isola di Adelsö, lungo le rive del lago Mälaren, trovando in quell’ambiente una fonte inesauribile per il suo precoce talento creativo.
Si iscrive all’Istituto Tecnico di Stoccolma, ma prosegue gli studi alla Royal Academy of Fine Arts, dove si laurea con lode ottenendo una borsa di studio, grazie alla quale approda all’Atelier Building, fulcro della vita intellettuale svedese. In quegli anni, i suoi dipinti corrispondono a criteri figurativi (ritratti, disegni botanici, paesaggi), secondo un genere che costituirà, nel tempo, una stabile fonte di reddito. La sua abilità si riscontra, ad esempio, in Tarda Estate (1903), dove la campagna, posta in primo piano, è resa quasi immateriale dalla luce fulgida che la investe, tanto che, se si isoli il particolare dal resto del dipinto, gli uccelli, posati a terra in cerca di cibo, paiono, al contrario, librarsi in volo in un cielo dorato.
Parallelamente, l’artista coltiva in segreto una pratica pittorica che sfocia, appunto, nell’astrattismo e che si alimenta di esoterismo, teosofia, spiritualismo e spiritismo. Nel 1908 incontra Rudolf Steiner autore di Teosofia del 1904, testo apprezzato anche da Kandinsky, che ne ricaverà ispirazione per Lo spirituale nell’arte del 1911.
In precedenza, Hilma af Klint, era venuta in contatto con la dottrina di Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), occultista russa, dedita a una tradizione filosofica e misterica orientale, coniugata con istanze della teosofia neoplatonica, per la quale la sapienza divina è accessibile solo attraverso un’esperienza mistica. Allo stesso tempo, Hilma non cessa di coltivare il suo interesse per le discipline scientifiche, in particolare per la matematica e la fisica, in un’epoca, d’altro canto, in cui: Meccanica quantistica e divisibilità dell’atomo fanno la loro comparsa; Freud pubblica i suoi primi saggi e Einstein elabora la Teoria della Relatività.
Sulla scorta, dunque, di questa duplice suggestione, mistica e scientifica, nascono i primi quadri astratti dell’artista svedese. Il passaggio a un nuovo codice espressivo avviene in solitudine, senza confronti con altre esperienze coeve; non solo, ma quei suoi dipinti, radicalmente anti-naturalistici e anti-mimetici, o come si suole dire: “non oggettivi”, a lungo rimasti nell’ombra, svelano una tecnica già perfezionata e sicura.
“If I want to show the world as it is, I have to invent it” affermava Hilma, e le sue tele, dove le forme hanno un moto ascendente e la purità incorrotta del segno si fonde con la valenza mentale del colore, lo dimostrano.
Il documentario “Beyond the Visible“, di Halina Dyrschka, racconta la vita di questa artista straordinaria attraverso immagini potenti. Chi desideri visionarlo, può consultare il sito di Kino Now.