185 sindache elette nell’ultima tornata amministrativa, erano 12 nel 1946, una Novità Storica.
Le donne fanno le Sindache protempore, non si appropriano della carica di Sindache.
Essere sindache significa tessere relazioni, perché i saperi e le pratiche siano condivisi, affinché diventino patrimonio comune, esercitare la propria responsabilità, perché loro, le sindache hanno l’autorevolezza loro riconosciuta dalle donne e dagli uomini, che le hanno elette.
La pratica del “prendersi cura” rinnova la politica amministrativa e presenta la capacità generativa trasformatrice delle donne, all’interno del contesto sociale e culturale di ogni città.
Per trasformare la cultura misogina serve un nuovo ordine della convivenza, serve un’autorità che ponga i saperi e le sapienze, costruite nel tempo dal pensiero femminile come patrimonio e modalità da trasferire a donne e uomini. Le Sindache, quando non assumono la propria differenza sessuale, scivolano spesso in modalità di governo neutrali o mutuate da una tradizione patriarcale.
Conosco la difficoltà di prendere parola pubblicamente, per una donna, laddove si fa sempre più strada il dominio maschile, sottile, insinuante, pervadente, in qualche modo seducente.
Tuttavia, una volta presa la parola, solidamente, il contesto riprende vita, attraversa il corpo sessuato.
Le Sindache elette nell’ultima tornata hanno l’occasione di costruire comunità di prossimità che tentano di limitare le solitudini sociali, di promuovere l’architettura sociale, di ridefinire l’urbanistica, di provare a custodire ciò che vive intorno, comprese le persone che vengono da terre lontane.
Care Sindache, vi auguriamo di poter vivere pienamente la fortuna di essere donne, e di poter condividere insieme a tutte noi della Novità Storica i doni e le invenzioni che Andranno ad arricchire il patrimonio della nuova civiltà che stiamo costruendo.
Donatella Albini, con il Coordinamento de La Novità Storica
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